Il mio Kobe. L'amico diventato leggenda by Christopher Goldman Ward

Il mio Kobe. L'amico diventato leggenda by Christopher Goldman Ward

autore:Christopher Goldman Ward [Ward, Christopher Goldman]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Baldini+Castoldi
pubblicato: 2022-01-05T09:28:24+00:00


Sognando la serie A

Elencando i giocatori della rosa della Pallacanestro Reggiana anni Novanta mi sono accorto di come, a volte, io dimentichi di aver condiviso maglia e campo con certi campioni.

Forse è questa la miglior cifra per descrivere il mio valore sportivo: ero un piccolo fenomeno di atletica, in particolare nel salto. Le mie performance temevano solo e soltanto il confronto con quelle di David Londero: lui sì, aveva due cannoni al posto delle gambe. Per il resto, ero il miglior atleta dell’intera Pallacanestro Reggiana hands down. Anche più dei professionisti.

Il fatto di aver giocato con Gianluca Basile, Alessandro Davolio, Mike Mitchell, contro Chicco Ravaglia, Alex Righetti, Denis Marconato, Roberto Chiacig, Davide Bonora, Mauro Morri, Michele Maggioli e tanti altri dà l’idea di che giocatore fossi: un eterno potenziale inespresso, uno che avrebbe potuto ma non voleva, uno che non interessava a nessuna società perché non si impegnava. Se avessi avuto venti centimetri di statura in più la musica sarebbe stata ben diversa, ma la storia non si fa con i se.

Comunque, arrivai a giocare da semiprofessionista a Parma. Dopo l’esperienza nella Pallacanestro Reggiana fui preso da Dolce Parma: una società non storica, di un piazza calcistica di prim’ordine in cui il basket era solo una virgola nel racconto. Il progetto comunque sembrava interessante. Là feci un anno fra categoria juniores e prima squadra e un altro tutto nella prima squadra.

Parliamo di serie B1, a un passo dalla vetta. Certo, di cadaveri lungo la strada che conduceva in cima – neanche fossimo sull’Everest! – ne avevo visti tanti, ma l’ultimo campo base era per me la fine della corsa. Non c’era nessuna vetta in vista.

Fu così che giocai al massimo il mio primo anno junior, partecipando anche alla prima squadra, e passai il secondo anno con la prima squadra avendo come general manager nientemeno che un altro amico di famiglia ed ex Pallacanestro Reggiana, il leggendario Pino Brumatti. L’allenatore era Giovanni Papini. Non lasciai il segno e quella parentesi svanì senza traumi per nessuno.

Con la conclusione dell’esperienza parmigiana finì anche il mio sogno di diventare un giocatore professionista. Il treno era passato e io ero sceso alla stazione. Fine corsa. Da quel momento in poi il luogo in cui dimostrare il mio valore e la mia creatività cestistica sarebbe stato il playground, il campetto. Ovunque nel mondo. E lì sì. Lì potevo ancora dire la mia.

In questo l’amicizia con Kobe mi aiutò molto. Sentivo spesso la sua forza e la sua magia scorrere dentro di me quando serviva. Quando arrivavo in un campetto sconosciuto con gente nuova, ecco che la sua amicizia e il suo valore mi davano la forza di impormi senza dover chiedere permesso. A quel punto le domande come ti chiami? ma tu giochi? dove giochi? erano un cliché che si ripeteva. Adoravo quel momento. Quando perfetti sconosciuti mi chiedevano da dove saltassi fuori e in che squadra giocassi… quanto mi piaceva!



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